LA RESISTENZA COME CATEGORIA DEL PENSIERO

Convegno Internazionale 14 Aprile, Polo del 900, Auditorium, Via del Carmine 14 e Circolo della Stampa, Corso Stati Uniti 27; 15 Aprile, Polo del 900, Auditorium, Via del Carmine 14

«La Resistenza è stata una realtà. Ora è una idea.
Come idea si eleva al di sopra della storia di oggi,
e ci addita una meta per la storia di domani»
(N. Bobbio)

Il Convegno – a 80 anni dalla liberazione dal nazifascismo – intende celebrare
la Resistenza non solo nella sua effettività storica ma anche come categoria del
pensiero.
In un momento storico in cui da più parti si cerca di minimizzare l’importanza
della Resistenza, il Convegno intende invece approfondirne lo straordinario
significato da nuovi punti di vista.
Per un verso la Resistenza è una categoria politica, che sembra perdere di
efficacia fuori dell’ambito del politico. Per l’altro essa sembra rivestire un più
ampio significato etico e perfino ontologico. In questa prospettiva, come ha
scritto Ugo Perone, la vita e la storia possono apparire nel loro insieme come “un
lungo viaggio di resistenza”.

Per favorire la riflessione e il dialogo suggeriamo alle Relatrici e ai Relatori
alcune domande guida:

  1. La Resistenza continua?
    Se sì, come, dove, in che forma? Se no, perché no? Il problema è scottante
    perché da una parte la volontà (o la pretesa) di continuare la Resistenza può dar
    luogo a violente e indebite appropriazioni di parte. Se, però, la Resistenza non
    continuasse, il pericolo sarebbe quello di imbalsamarla, e con ciò di svuotarla.
    Esiste un luogo in cui la Resistenza può essere detta continuare? Questo luogo
    reale potrebbe essere per esempio la Costituzione? La lotta per la democrazia, la
    pace e il progresso sociale? Di chi è la Resistenza?
  2. Quale rapporto c’è tra la Resistenza come fatto storico e la Resistenza
    come idea?
    La Resistenza al nazifascismo è un fenomeno unico? oppure appartiene a una
    classe più ampia, quella delle azioni di resistenza? È in forza della propria unicità
    o indipendentemente da essa, che la Resistenza può farsi idea, e può dunque
    ancor oggi fungere da modello per le nuove generazioni? Se la Resistenza è
    un’idea, si tratta di un’idea concreta, che non può essere estrapolata/separata
    dal luogo e dal tempo in cui è accaduta? Oppure questa estrapolazione è
    inevitabile e necessaria? E a che prezzo?
  3. La Resistenza è stata pensata (filosoficamente)?
    A oggi le più influenti teorie filosofiche della resistenza sono state elaborate da
    autori, come Carl Schmitt, che non hanno affatto condiviso l’ispirazione e i valori
    della Resistenza al nazifascismo, oppure da autori, come Foucault e Deleuze che
    l’hanno declinata in una forma di resistenza al potere tout court. È d’altra parte
    possibile ipotizzare che correnti filosofiche solitamente non abbinate alla
    Resistenza – come l’ontologia della libertà di Pareyson – ne costituiscano un
    approfondimento teoretico radicale.
  4. Quali sono i versanti del concetto di Resistenza?
    Attraverso quale diairesi riusciamo a vedere le sue nervature? Che rapporto
    c’è fra Resistenza e rivoluzione, disobbedienza civile, violazione della legge,
    ribellione, lotta, opposizione, guerra (civile), difesa, potere costituente, appello al
    diritto di natura, patriottismo, resilienza, eccetera?

Proprio perché oggi, come disse Walter Benjamin a proposito della teologia, la
Resistenza è “piccola e brutta e non deve farsi scorgere da nessuno”, riteniamo
indispensabile tornare a pensarla, in un’ottica non solo storica, ma teorica e
attualizzante insieme.